A Lina,
Marco, Andrea e Irene

Il Prof. Cosimo Pagliara con l’amico Ing. Gianni Carluccio; sullo sfondo uno dei calchi delle pareti della Grotta della Poesia Piccola a Rocavecchia, con i graffiti in lingua messapica e latina (Università del Salento, 8 Giugno 2007).

Mercoledì 12 Agosto 2015, presso la sua residenza leccese, ci ha lasciato il Prof. Cosimo Pagliara. In tanti hanno espresso un messaggio di cordoglio alla famiglia dell’illustre docente salentino, e sono giunte anche le parole del rettore dell’ateneo leccese, Prof. Vincenzo Zara: “È scomparso purtroppo il Professor Cosimo Pagliara, tra i fondatori del Dipartimento e della Facoltà di Beni culturali della nostra Università. Fu promotore di numerose rilevanti iniziative di ricerca, tra le quali la scoperta della Grotta della Poesia a Roca Vecchia e la scoperta e lo scavo del sito protostorico di Roca, di cui ha diretto per molti anni le indagini archeologiche. L’Università e il territorio devono molto a questo collega docente e abile e appassionato ricercatore, che seppe lavorare collegando proficuamente le strutture accademiche e quelle di altri enti territoriali e di ricerca”.

Io ero profondamente legato all’amico “Mimmo”, che ho conosciuto nel lontano 1964, quando avevo 12 anni! Tantissimi sono i ricordi, che comincio a pubblicare su questo sito. Ciao Mimmo…
Lecce, 12 Agosto 2015
Ing. Gianni Carluccio

L’Ing. Gianni Carluccio con il Prof. Cosimo Pagliara.

Purtroppo è l’ultima foto con il caro Mimmo, fatta nel giorno di una sua importante Relazione al Convegno “Roca nel Mediterraneo, l’età delle prime navigazioni commerciali”, tenuto presso il Castello di Acaya, dove era anche presente la stupenda Mostra: “Roca nel Mediterraneo” (6 Luglio 2013).

* Tutte le immagini appartengono all’Archivio dell’Ing. Gianni Carluccio e ne è vietato l’utilizzo senza il consenso dell’Autore.

Questo lavoro, dedicato oltre che ai familiari a tutte le persone che hanno saputo voler bene a Mimmo, si compone di circa 450 immagini! Se ne sconsiglia la visione alle persone frettolose. Chi avrà la pazienza di fruire di tutte immagini, capirà alla fine del racconto il perché del titolo “Poesia di un culto antico”…
Buona visione, ciao Mimmo !

NUOVO QUOTIDIANO DI PUGLIA, LECCE – 13.8.2015 – ARCHIVIO CARLUCCIO

NUOVO QUOTIDIANO DI PUGLIA, LECCE 14.8.2015 – ARCHIVIO CARLUCCIO

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO, LECCE 14.8.2015 – ARCHIVIO CARLUCCIO

NUOVO QUOTIDIANO DI PUGLIA, LECCE 27.8.2015 – ARCHIVIO CARLUCCIO

NUOVO QUOTIDIANO DI PUGLIA, LECCE 8.9.2015 – ARCHIVIO CARLUCCIO

RICORDI…

Il Salento visto dal Satellite.

I centri archeologici messapici e romani del Salento (Elab. Ing. Gianni Carluccio 1990, copyright).

Le Mura Messapiche di Cavallino, con il fossato subito dopo gli scavi.

Il Prof. Cosimo Pagliara, poi diventato il caro amico “Mimmo”, mi venne presentato alla metà degli anni ’60 (avevo 13 anni e frequentavo il primo Liceo Scientifico al “De Giorgi” di Lecce) dal Sig. Maurizio Torsello di Alessano, che abitava nel mio stesso palazzo, in Via G. D’annunzio 79 a Lecce. Avevamo in comune con il compianto Sig. Torsello (molto più grande di me ed amico di Domenico Modugno, quando “Mimino” viveva ad Alessano) la passione per l’archeologia e, conoscendo le mie origini vastesi (mio padre, suo amico, nasceva a Vaste 100 anni fa…), volle presentarmi il Prof. Pagliara, che venne a trovarmi a casa mia e che per me, da allora, divenne un grande Maestro di “questioni” archeologiche… Il Prof. Pagliara mi parlò subito degli scavi a Cavallino, che si effettuavano in quegli anni e dell’importante e affascinante zona archeologica di Rudiae, dove si erano svolti degli scavi, pochi anni prima. E fu così gentile da introdurmi in quel mondo affascinante dell’archeologia, che da allora mi ha visto sempre più coinvolto, anche in ambito Universitario ed internazionale.
Tra l’altro il mio “grande” Professore del Liceo, Gianni Schilardi, era un caro amico di Mimmo e mi piace cominciare proprio con qualche foto fatta nella prima metà degli anni ’60, tratta dal suo prezioso Archivio, che ha voluto gentilmente concedermi. Il Prof. Schilardi, il caro Gianni che oggi mi onora della sua amicizia, ha avuto tra l’altro il grande merito di pubblicare con la sua prestigiosa Casa Editrice “Argo” il volume “Tito Schipa” di Tito Schipa Jr., da me curato.

Lecce, “I Convegno Università e Mezzogiorno”, organizzato dall’O.R.U.L. (Organismo Rappresentativo Università Leccese), Novembre 1963. A sin. il Prof. Cosimo Pagliara e sulla destra il Prof. Gianni Schilardi (copyright Archivio Prof. Gianni Schilardi).

Firenze, Congresso Nazionale U.G.I. (Unione Goliardica Italiana), Febbraio 1964. Il Prof. Cosimo Pagliara è in prima fila, con la pipa; alle sue spalle, da sin. a dx: Alberto Maritati, Gianni Schilardi, Vittorio Ferraro e Lucio Galante (copyright Archivio Prof. Gianni Schilardi).

Un’altra immagine fatta a Firenze in occasione del Congresso Nazionale U.G.I. (Febbraio 1964). Da sin.: Mimmo Pagliara, Gianni Schilardi, Lucio Galante e Vittorio Ferraro (copyright Archivio Prof. Gianni Schilardi).

Il Prof. Cosimo Pagliara al matrimonio del Collega Prof. Aldo Siciliano (31.7.1971), cortesia Prof. Aldo Siciliano, copyright.

L’estratto di una delle prime importanti pubblicazioni del Prof. Cosimo Pagliara sulle iscrizioni della Grotta Porcinara di Leuca, con la dedica al suo amico Gianni Schilardi, che era rientrato da poco presso l’Università di Lecce (13.X.1973).

Il Prof. Gianni Schilardi posa con la pubblicazione del suo caro amico Mimmo Pagliara, assieme ad uno dei suoi allievi prediletti del Liceo Scientifico “Cosimo De Giorgi” di Lecce (1967-69), Ing. Gianni Carluccio (Lecce, Casa Schilardi 3.X.2015).

VASTE 1967

Nel 1967, sotto la Direzione della Dott.ssa Elena Lattanzi, Soprintendente Archeologico della Puglia, il Prof. Pagliara effettua dei saggi di scavo a Vaste tra i fondi Pozzo e Pirazzo, dove fu individuato un tratto delle Mura Messapiche, risalenti al IV-III sec. a.C. e nel fondo Lucernara (dove verranno in seguito identificati i resti messapici di un’abitazione contadina). Grande fu la mia gioia quando il Professore mi comunicò la notizia, portandomi sui luoghi delle importanti scoperte. Vi lascio immaginare quali emozioni suscitarono quei sopralluoghi guidati nella testa e nella fantasia di un ragazzino appena quindicenne. Ricordo che mi misi già allora a lavorare su un’ipotesi di ricostruzione delle Mura Messapiche di Vaste, utilizzando, su suggerimento del Prof. Pagliara, la carta topografica del territorio di Poggiardo-Vaste edita dall’Istituto Geografico Militare Italiano. Qualche anno dopo avrei elaborato la Carta Archeologica di Vaste, pubblicata nella collana Studi di Antichità dell’Università di Lecce (1981).

Il tratto delle Mura Messapiche di Vaste scoperte nel 1967 e da me fotografate nell’estate dello stesso anno, durante un sopralluogo con alcuni coetanei del posto.

Vaste, pianta della fattoria messapica nel fondo Lucernara (scavi Prof. Pagliara), da Studi di Antichità 2, Università di Lecce, Congedo editore, Galatina 1981, tav. 53).

La copertina del Volume “Studi in onore di Mario Marti”, con la dedica del Prof. Marti a Gianni Carluccio: “Per affettuoso ricordo, Mario Marti. Lecce 12.IX.2011”.

L’Ing. Gianni Carluccio con il Prof. Mario Marti, che gli ha appena dedicato i Volumi pubblicati in suo onore.

A partire dal 1967, invogliato dal Prof. Pagliara, cominciai a fare delle ricerche, durante l’estate, quando mi recavo con la famiglia a trascorrere le vacanze in quel luogo incantevole che è Vaste, interrogando gli anziani del posto. Fu così che mi fu possibile riconoscere, nel giardino di un’abitazione in Via Principessa Maria Josè (vicino casa mia), alcune iscrizioni incise nella pietra leccese, una delle quali particolarmente importante, perché era la prima iscrizione latina proveniente da Vaste, come poi scrisse il Prof. Pagliara in suo suo magistrale articolo dal titolo “Fonti epigrafiche per la storia di Vaste”, edito nell’ambito di due Volumi di Studi in Onore di Mario Marti (Congedo Editore, Galatina 1981).
Di un’altra interessante iscrizione, che sto per pubblicare in un Volume voluto da Università del Salento e Comune di Poggiardo, negli anni ’60 trassi l’apografo e proprio quest’anno, grazie all’aiuto del caro amico Prof. Mario De Marco, sono riuscito finalmente a tradurre del tutto dal latino (si tratta di un’iscrizione degli anni ’40 del ‘600, che fu trovata durante alcuni lavori edili presso la sala parrocchiale della Chiesa Madre di Vaste e riferibile al feudatario Diego Acquaviva d’Aragona. Sempre nella stessa sala parrocchiale viene conservata, nell’ambito del paramento esterno di una torre del Palazzo Baronale, un’importantissima iscrizione bizantina, ritrovata nello stesso periodo dal Parroco del paesino, il compianto Don Luigi Rausa e riconosciuta dal Prof. Pagliara che interessò, perché la studiasse, il Prof. A. Jacob.

L’iscrizione bizantina presente nella sala parrocchiale di Vaste, studiata dal Prof. A. Jacob su indicazione del Prof. Pagliara (foto e rilievo, Ing. Gianni Carluccio, 1996 copyright).

La traduzione dell’iscrizione bizantina relativa alla prima chiesa greca di Vaste datata dal Prof. Jacob al 1054 d.C.

* Questa tavola inserita nell’ambito del lavoro del Prof. Pagliara, risulta particolarmente importante in quando su due diverse iscrizioni (un’anfora panatenaica ed un rilievo in pietra leccese) si fa riferimento ad Atena. Questo particolare, giustamente sottolineato dallo studioso, si rivela oggi particolarmente importante alla luce dei recenti scavi, relativi al Santuario di Atena, condotti con grande successo dall’amico Prof. Francesco D’Andria nella vicina Castro (“Castrum Minervae”).

La prima iscrizione latina riconosciuta a Vaste da parte dell’Ing. Gianni Carluccio, pubblicata dal Prof. Cosimo Pagliara (indicata con la lettera b).

Un’anfora panatenaica conservata presso il Museo Nazionale di Taranto riporta, come di consueto, la stessa scritta ricopiata dall’Arciprete Corvaglia a Vaste (lettera “d”). Quest’anfora ripiena di olio veniva data ai vincitori dei giochi ateniesi, ai quali erano ammessi solo cittadini greci. Aver ritrovato un esemplare a Vaste significa o che un cittadino greco l’aveva portata a Vaste o che Vaste era considerata una città greca (in particolare forse colonia dei tarentini, come viene riportato in qualche fonte, ancora da attribuire in maniera specifica) e che un suo cittadino aveva vinto i prestigiosi giochi ateniesi !

Un articolo del Prof. Pagliara sui materiali iscritti arcaici del Salento riguarda soprattutto Vaste (Annali Scuola Normale di Pisa, 1983).

I primi cippi di Vaste furono ritrovati durante un sopralluogo nel fondo Melliche, effettuato dai Proff. Cosimo Pagliara e Francesco D’Andria, accompagnati sul posto dall’Ing. Gianni Carluccio (2.XI.1980, vedi: G. Carluccio, La Carta Archeologica di Vaste, Università di Lecce, Studi di Antichità, 2 – Galatina 1981).

La lastrina con un’iscrizione bustrofedica arcaica proveniente da Vaste (fondo S. Antonio), studiata dal Prof. Pagliara (foto Ing. Gianni Carluccio, copyright).

Vaste, Fondo Melliche, Luglio 1981. Cippi, colonna e altare. Foto copyright Ing. Gianni Carluccio.

Il cippo ritrovato nel fondo Padulella a Vaste e studiato dal Prof. Pagliara (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Il Volume Studi di Antichita, 2 (Università di Lecce, 1981) con i due articoli del Prof. Pagliara: “Vaste, fondo Lucernara: nota preliminare” e “Materiali epigrafici da Vaste e Muro”. In questo stesso Volume fu dato ampio spazio alla mia “Carta Archeologica di Vaste”.

Vaste, scavi nel Fondo Melliche, lungo le mura messapiche, da parte del Prof. Jean-Luc Lamboley in collaborazione con l’Università di Lecce. Nella foto in alto, da sin. Proff. Cosimo Pagliara, Francesco D’Andria e Jean-Luc Lamboley. In basso, da sin.: Gabriella Miccoli, Chiara Messa, Gabriella Russo e Gianni Carluccio (foto copyright ARCHIVIO CARLUCCIO, Luglio 1981).

Vaste, fondo Lucernara; lo scavo di una fattoria messapica da parte del Prof. Cosimo Pagliara, visto da due diverse angolazioni. Foto copyright Ing. Gianni Carluccio, Ottobre 1981.

La ricostruzione della fattoria messapica del fondo Lucernara a Vaste, in un mio disegno ricostruttivo del 1996 (copyright Ing. Gianni Carluccio).

Il Prof. Pagliara nel giardino del Sig. Geremia Coluccia a Vaste mentre studia, in mia presenza, una doppia iscrizione messapica con dedica a due divinità proveniente dal fondo Lucernara (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

La lastra in pietra leccese con la doppia iscrizione messapica esposta presso il Museo Archeologico di Vaste (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

La prima iscrizione arcaica (allora si scriveva da destra verso sinistra) con la dedica a “Venas” (Venere) o Zeus (se “Venas” viene interpretato come attributo di Zeus) (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

L’altra iscrizione messapica (graffita dopo circa 50 anni dalla prima) con la dedica ad Artemide (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Un “Kantharos” proveniente da Vaste studiato dal Prof. Pagliara, contiene con un’iscrizione messapica con dedica alla divinità “Taotor” (foto Ing. Gianni Carluccio, copyright).

“La Carta Archeologica di Vaste” elaborata dall’Ing. Gianni Carluccio (copyright) e pubblicata nell’ambito del Volume “Studi di Antichita, 2” dell’Università di Lecce (1981).

Nell’ambito del mio lavoro sulla Carta Archeologica di Vaste do una prima notizia sul rinvenimento di un importante capitello messapico arcaico (noto come “Capitello Carluccio”), da me ritrovato a Vaste, presso la Cripta dei SS. Stefani, nell’ottobre 1980 (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Viaggio a Selinunte

Selinunte, Viaggio organizzato da parte della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Lecce in Sicila, fine Febbraio 1981. Io ebbi libero accesso al gruppo e ne diventai la “mascotte” in quanto scopritore del “Capitello Carluccio”. I docenti accompagnatori erano: Prof. Cosimo Pagliara, Prof. Francesco D’Andria, Prof. Aldo Siciliano, Prof. Mario Lombardo con la moglie Maria Teresa Giannotta e Prof.ssa Liliana Giardino.

In un’indimenticabile Festa di Carnevale a Castelvetrano, nei pressi di Selinunte, Febbraio 1981. Io suonavo il piano (per l’intera serata suonai la danza di Zorba e tutti si divertirono) ed il Prof. Pagliara (il primo in alto a dx) dirigeva la quadriglia e ci divertimmo da morire….

Gianni Carluccio al pianoforte.

Guida il gruppo il Prof. Mario Lombardo, più dietro il Prof. Cosimo Pagliara, al pianoforte il Prof. Francesco D’Andria. Fu durante questo viaggio che conobbi la mia futura moglie, Ida, che allora frequentava la Scuola di Specializzazione in Archeologia Medioevale e tra l’altro, qualche anno dopo, fu la prima a specializzarsi.

Siracusa, mentre fotografo il gruppetto, il Prof. Pagliara fotografa me…

I Proff. Pagliara, D’Andria e Lombardo alle prese con un’iscrizione sul basamento del tempio di Apollo a Siracusa.

Qui siamo nei pressi della chiesa madre di Lentini, dove si venerano i Santi Martiri di Vaste (paese natale di mio padre): Alfio, Filadelfo e Cirino. Sulla sinistra il Prof. Pagliara mentre fotografa un gruppetto di docenti, gli altri sono già sul pullman; siamo diretti alla Villa del Casale di Piazza Armerina, che conserva i famosi mosaici romani.

Altre immagini di Selinunte, uno dei luoghi più affascinanti di tutta la Sicilia.

Questa bella foto di gruppo è stata pubblicata (assieme ad una di quelle seguenti fatta a Porto Badisco) sul volume edito dalla Scuola nel 2010: 1980-2010, trent’anni di attività, Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici “Dinu Adamesteanu”. Il Prof. Dinu Adamesteanu (1913-2004), rumeno d’origine, è stato il padre della fotografia aerea in Italia ed ha lavorato molto sia in Basilicata che in Sicilia (a noi, suoi allievi, si aprirono tutte le porte dei musei siciliani; ricordo che nei sotterranei del Museo di Siracusa, tanta era la fiducia nei Colleghi e negli allievi del Prof. Adamesteanu, che ci lasciarono a contatto con tante monete d’oro che erano sui tavoli).

Il Prof. Dinu Adamesteanu in una caricatura conservata presso il Museo di Gela, da me fotografata nel febbraio 1981 (v. “Dinu Adamesteanu, l’uomo e l’archeologo”, a cura di Salvatore Bianco e Antonio De Siena, Scorpione Editrice, Taranto 2012).

Il Prof. Dinu Adamesteanu mentre saluta mia madre, sulla sinistra il Prof. Mario Marti, foto copyright Ing. Gianni Carluccio.

Università di Lecce, 4.8.1986. Il giorno della Specializzazione di mia moglie, Ida Blattmann D’Amelj in Archeologia Medioevale. Da sin.: i miei genitori, Ida, i Proff. Dinu Adamesteanu, Cosimo Damiano Fonseca, Domenico Novembre e l’Ing. Carluccio…

Alla seduta per la Tesi di Specializzazione di Ida Blattmann su Otranto in età medioevale, era presente anche il Prof. Cosimo Pagliara, che qui vediamo a fianco al Prof. Fonseca; in primo piano, sulla destra, il Prof. Adamesteanu. Foto copyright Ing. Gianni Carluccio, 4.8.1986.

Il momento della proclamazione da parte del Prof. Cosimo Damiano Fonseca. Ida Blattmann si è specializzata in Archeologia Medioevale con il massimo dei voti e la lode; tra l’altro è la prima in assoluto a specializzarsi presso la Scuola di Lecce.

Ida Blattmann con il Prof. Cosimo Pagliara; con lui aveva scavato a Torre dell’Orso, Grotta di San Cristoforo (1983) e da lui aveva ricevuto l’invito a studiare la ceramica medioevale del villaggio di Roca.

Il Prof. Dinu Adamesteanu, indimenticabile grande Prof. e caro amico, sta dicendo a Ida di stare attenta all’Ing. Gianni Carluccio; ma eravamo già sposati…

Il Prof. Pagliara con il Prof. Lombardo posano per me in questo luogo magico (c’è anche un gregge di pecore sullo sfondo, a destra…); sulla sinistra il tecnico del laboratorio di Archeologia, Antonio Piccinno.

Il Prof. Pagliara che vediamo in questa mia immagine, si soffermò molto tempo presso il Santuario della “Malophoros” a Selinunte; mi insegnò tante cose e mi parlò del collegamento tra l’altare che si vede nell’immagine ed un altro simile, ma molto più piccolo, ritrovato nella nostra Messapia.

Il Prof. Pagliara discute con l’amico Prof. Mario Lombardo, il gruppo era già andato via ma il luogo era molto suggestivo oltre che interessante. Poi il Prof. Pagliara mi immortalò nell’immagine che segue…

Cave di Cusa, a 13 km da Selinunte, altro luogo affascinante.
Addio Sicilia! Addio Prof. Adamesteanu … e vent’anni dopo, nel 2001, tutti a casa mia a rivedere le mie 250 diaposite…
Qualche mese dopo …. Porto Badisco.

Porto Badisco, Grotta dei Cervi. Un’altra giornata indimenticabile! Io sono tra i Proff. Pagliara e D’Andria, che mi stanno prendendo in giro per via del mio casco. Foto copyright Ing. Gianni Carluccio, 4.8.1981.

Io ed il Prof. Pagliara andiamo in avanscoperta all’interno della mitica cavità di Badisco, sotto la guida del Sig. Tecci, custode della grotta per conto della Soprintendenza Archeologica della Puglia.

I preparativi prima dell’ingresso in grotta. Sulla sinistra la R4 del Prof. Pagliara, a fianco la mia Fiat 131 diesel.

Porto Badisco, Grotta dei Cervi. Gruppo storico dell’Università di Lecce con i Proff. Pagliara e D’Andria, prima dell’ingresso in grotta (foto copyright Ing. Gianni Carluccio, 4.8.1981).

Otranto, Mostra “Archeologia di una Città”, curata dal Prof. Francesco D’Andria. Da sin.: On.le Claudio Signorile, Proff. Cosimo Pagliara e Francesco D’Andria. Foto copyright Ing. Gianni Carluccio.

Il Prof. Francesco D’Andria illustra all’On.le Claudio Signorile il capitello messapico da me rinvenuto a Vaste e la ricostruzione dell’Ipogeo delle Cariatidi, da me elaborata.

In questa immagine ci sono anch’io a fianco al Prof. Pagliara.

Festa in casa del Prof. Francesco D’Andria, divenuto Professore Ordinario. Oltre ai familiari sono presenti Colleghi e amici; il quarto da sin. è il Prof. Cosimo Pagliara, a fianco alla moglie Lina; al centro il Prof. Francesco D’Andria con a fianco il Prof. Dinu Adamesteanu; sulla destra l’allora Soprintendente Archeologico della Puglia, Prof. Ettore M. De Juliis, con a fianco il futuro Soprintendente Archeologico della Basilicata, Dott. Antonio De Siena. Sono presenti inoltre i Proff. Aldo Siciliano, Adriana Travaglini e Liliana Giardino e le Dott.sse Grazia Semeraro e Ida Blattmann (foto copyright Ing. Gianni Carluccio, 1986).

Il 7 Febbraio 1986, ore 19.35 va in onda su RAITRE nazionale l’ultima puntata del Programma “Sulle Orme degli Antenati” con la consulenza del Prof. Sabatino Moscati, allora Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, la massima autorità culturale in Italia. Nell’ambito della trasmissione viene proiettato il documentario, girato dal Regista Luigi Di Gianni, con la consulenza del Prof. Francesco D’Andria, dal titolo “I Messapi tra Grecia e Italia Meridionale”. Nell’ambito del documentario il Prof. Cosimo Pagliara illustra le scoperte relative alla Grotta della Poesia di Roca, mentre il Prof. D’Andria affida, “senza preavviso”…, all’Ing. Gianni Carluccio… il compito di illustrare l’Area Archeologica di Vaste (cosa che faccio con successo “in diretta”, davanti alla cinepresa, proiettando alcune mie diapositive, presso la Biblioteca dell’Istituto di Archeologia dell’Università di Lecce).

Nel documentario si parla nell’ordine di: Manduria, Otranto, Cavallino (D’Andria); Roca (Pagliara); Leuca, Lecce, Vaste (Carluccio) e Muro Leccese (D’Andria).

Il Prof. Cosimo Pagliara nella Grotta della Poesia a Roca, durante l’intervista di Luigi Di Gianni.

I graffiti della Grotta della Poesia.

Leuca, Grotta Porcinara, con i graffiti studiati dal Prof. Pagliara.

L’iscrizione nella quale si menziona il nauclero Epitteto e la nave Afrodite.

Il Prof. D’Andria, consulente del programma, durante le riprese a Muro Leccese. Al caro amico Francesco debbo la mia prima comparsa sulle reti nazionali.

Qui siamo proprio a Muro Leccese durante un sopralluogo con i Proff. D’Andria e Pagliara (1986). Purtroppo constatiamo con amarezza gli scempi edilizi dovuti alla realizzazione della zona 167.

Vaste, foto ricordo sulla loggia del Palazzo Baronale, in occasione di una mia Confrenza voluta dall’amico Prof. Marcello Seclì di Italia Nostra (foto copyright Ing. Gianni Carluccio, 8.9.2006). Da sin.: Cosimo Pagliara, Gianni Carluccio, Gian-Paolo Ciongoli, Lorenzo Capone, Ninì Ciccarese, Vincenzo Ruggeri e Maurizio Nocera.

TORRE SABEA

Il Prof. Pagliara accompagnato da me e da Ida visita lo scavo del Prof. Giuliano Cremonesi.

ALEZIO

Alezio, necropoli messapica arcaica in c.da “Monte d’Elia”, scavi Soprintendenza Archeologica della Puglia, Dott. Gian-Paolo Ciongoli. Da sin. i Proff. Francesco D’Andria, Teresa Giannotta, Mario Lombardo, Cosimo Pagliara (di spalle) e Jean-Luc Lamboley. Foto copyright Ing. Gianni Carluccio, 1981.

Si legge un’iscrizione messapica all’interno della tomba.

I CENTRI ANTICHI MESSAPICI E ROMANI, UNIVERSITA’ DI LECCE 1985.

Questo lavoro fu da me elaborato assieme ai Proff. Francesco D’Andria e Cosimo Pagliara, in collaborazione con l’Università di Amsterdam. Grazie al mio impegno furono pubblicate, per la prima volta, le planimetrie di tutti i centri archeologici del Salento, con la precisa indicazione della lunghezza delle Mura Messapiche, della superficie racchiusa dalla mura e con vari dati statistici.

CAPO DI S. MARIA DI LEUCA
Grotta Porcinara

Nella baia di Leuca, nei pressi di Punta Ristola e sollevata rispetto al livello marino è collocata la Grotta Porcinara, composta da tre camere comunicanti, importante luogo di culto messapico e poi romano, destinato ad ospitare attestazioni di riconoscenza alle divinità da parte dei naviganti, con numerose tabelle iscritte in greco e latino sulle pareti (fine I sec. a.C. – prima metà III sec. d.C.).
Nell’ambiente centrale si menzionano Giove ed Afrodite (che forse è semplicemente il nome di un’imbarcazione), in quello occidentale la Fortuna, in quello orientale (in proprietà privata) sono presenti numerose croci cristiane. All’esterno della grotta vi sono i resti di un recinto sacro (eschara), oramai semidistrutto per lo stato di totale abbandono, che ha restituito materiali a partire dal VIII sec. a.C.

Foto dall’interno della Grotta Porcinara, copyright Ing. Gianni Carluccio.

Il volume degli ANNALI dell’Università di Lecce (Editrice Salentina, Galatina 1974), nell’ambito del quale il Prof. Cosimo Pagliara ha pubblicato il saggio sulla Grotta Porcinara (pp. 5-67, tavv. I-XVII ).

Una delle Tavole con la localizzazione delle tabelle iscritte, corredata dai miei appunti a matita. Si distinguono due ambienti della grotta: l’ambiente n. 3 a sin. (guardando dal mare) e il 2 al centro; l’ambiente 1 (che non era l’ambiente principale della grotta) è in proprietà privata; Cosimo De Giorgi riporta un’iscrizione identificata all’interno: “I.O.M. / DOMITILLA” (copyright Ing. Gianni Carluccio).
* Nell’ambito della Grotta Porcinara sono presenti 27 tabelle e 2 iscrizioni su parete, tutte da me schedate fotograficamente. In 16 tabelle si leggono testi o tracce di testo (7 tabelle sono vuote, 4 hanno tracce di scrittura, non identificabile); 3 tabelle si sovrappongono a tabelle precedenti; abbiamo in totale 11 testimonianze in lingua greca a 6 in lingua latina. Nella Grotta Porcinara si fa riferimento a tre divinità: a Iuppiter Batius (4 attestazioni), a Ino Leucotea (divinità femminile, protettrice dei naviganti in pericolo) ed alla Fortuna. Batas è un’epiclesi di Iuppiter o il nome di divinità indigena assimilabile in seguito a Iuppiter. Iuppiter Batius è quindi da intendere come divinità che proteggeva la navigazione tra le due sponde del canale d’Otranto o in generale l’andar per mare, giustificandosi in tal modo le richieste d’aiuto, i ringraziamenti, i voti e gli auguri di buona navigazione presenti sulle pareti della Grotta Porcinara, che si caratterizza, dunque, come luogo di sosta per natanti impiegati su rotte che avevano termine in porti lontani e testimonia consuetudini culturali proprie dei naviganti. La datazione dei graffiti va approssimativamente dal 50 a.C. al 250 d.C.

Grotta Porcinara, tabb. 4-5. Tabella 4 all’estrema destra del tratto A-B (ambiente 3), dim. 41×33 cm, scritta in latino su sei righe, su precedente iscrizione della quale resta traccia in basso di alcune lettere, una I e una M. La tab. 4 reca la seguente iscrizione con dedica a Giove Batio: “I(OVI) O(PTIMO) M(AXIMO) BATIO / M(ARCUS) LARTIDIUS .BUS. / NAUC(LERUS…) RIA(…) / AB… / .F…”. In questa iscrizione si parla di un esponente della “gens Lartidia”, Marco Lartidio, proveniente forse dalla Dalmazia con una nave commerciale, che fa voto per sé e per la propria nave.

Grotta Porcinara, tab. 6. Tabella ansata al centro della parete B-C, dim. 41×15 cm, scritta in greco su tre righe. Si riferisce probabilmente ad un viaggiatore proveniente dall’Asia (riferibile ad un periodo successivo al II sec. d.C.).

Grotta Porcinara, tab. 8 (a e b). Tabella ansata al centro della parete C-D, dim. 65×28 cm, con due iscrizioni sovrapposte: nella parte sottostante iscrizione in greco, poco leggibile su 4 linee, nella quale compare il nome della divinità femminile INO (Leucotea), protettrice dei naviganti in pericolo, alla quale si chiede di “giungere felicemente in porto sani e salvi”; nell’iscrizione più recente c’è la dedica ad un’altra divinità femminile, la Fortuna: “FORTUNA(E) / S(ACRUM) H(IC) F(ACTUM)“.

Grotta Porcinara, tratto H-I-L.

Grotta Porcinara, tratto H-I.

Grotta Porcinara, tabb. 14-15. Tabella sulla parete H-I, dim. cm 43×50 cm, scritta in latino su cinque righe con dedica a Giove Batio, riferibile ad un certo Lucio Valerio Sabino (il capo dell’equipaggio), che scioglie un voto: “I(.O.M. VA(TIO) / L(UCIUS). VALERI / US SABINU(S) / VOT(UM) SOL(VIT) / (C)UM PLER(OMATE)”. In alto vi è un simbolino che potrebbe essere associato a Giove. Il termine “pleroma” deriva dal greco e indica l’equipaggio. Più sotto si registra un’iscrizione su due righe in lingua greca

Grotta Porcinara, tab. 16. Grande tabella ansata al centro della parete H-I, dim. 76×36 cm, in latino su cinque righe ma mancante della parte inferiore. Questa iscrizione, non del tutto leggibile a causa del degrado della pietra sulla quale fu graffita, si riferisce, come la precedente, allo scioglimento di un voto.

Leuca, Grotta Porcinara. L’Ing. Gianni Carluccio indica la tabella 17 (adiacente alla tab. 16), una delle meglio conservate.

Grotta Porcinara, tab. 17. Tabella nettamente incisa sulla parete, con grandi anse laterali, dim. 71×30 cm, in latino su sei righe (più in basso c’è traccia di una precedente iscrizione, forse in greco). Anche questa iscrizione, che è quella meglio conservata tra quelle che compaiono sulle pareti della grotta, viene dedicata a Giove Batio ed è riferibile ad un certo Caio Cordio Aquilino (capo dell’equipaggio), che scioglie un voto: “I.O.M. / C. CORDIUS AQUL / LINUS VOT(UM) SOL(VIT) / CUM PLEROMA(TE) / RHEDO(N)IS ET / ME(D)AUR(I)”. Nota il Prof. Pagliara che Caio Cordio Aquilino è il capo (nauclero) che scioglie il voto anche a nome dell’equipaggio, indicato con il termine “Pleroma”, che probabilmente si riferisce a navi da guerra (dovrebbe trattarsi di navi veloci, biremi dette “Liburnae”), mentre i nomi MEDAURUS e RHEDON si riferiscono a due navi onerarie impiegate nei traffici da e per l’Italia. Medaurus è il nome di una divinità indigena illirica, Rhedon il nome di monete coniate in Illiria, quindi i navigli appartenevano probabilmente a porti dell’Illiria meridionale.

Grotta Porcinara, tratto M-N, tabb. 22-24. Si tratta di tre tabelle ansate che compaiono dall’alto verso il basso, con iscrizioni in greco. Nella prima, dim. 28×28 cm, graffita su quattro righe, viene ancora una volta menzionato Giove Batio.

Grotta Porcinara, tab. 23. Tabella ansata, dim. 45×25 cm, in lingua greca su quattro righe. In questa iscrizione il capo dell’equipaggio, il nauclero Epitteto esprime un voto di buona e felice navigazione sé e per la sua nave di nome “Afrodite” (“Afrodite” è il nome di una nave commerciale impegnata forse sulla rotta da Efeso per Brindisi o Taranto).

PATÙ CENTOPIETRE

Le “Centopietre” di Patù in un’immagine notturna del 18.X.1984, da me scattata mentre effettuavamo il rilievo fotogrammetrico (copyright Ing. Gianni Carluccio).

Nei pressi della chiesetta intitolata alla Madonna di Vereto, su una collinetta nei dintorni di Patù, si estendeva il centro messapico e poi romano di “Veretum”, che aveva il suo approdo a mare ai piedi del promontorio di Torre S.Gregorio. Alla periferia del paese si può visitare una singolare costruzione formata da grandi monoliti calcarei che ha fatto parlare a lungo di sé: le Centopietre di Patù, descritta alla fine dell’800 dallo studioso francese Lenormant come “la merveille archéologique de la province de Lecce” ed attribuito ad epoche remotissime.
Si tratta invece di una singolare costruzione medioevale (in origine priva di porte di accesso), probabilmente di carattere sepolcrale, edificata riutilizzando alcuni elementi architettonici di un preesistente monumento funerario romano (l’Arditi pensava che fosse un edificio funebre del IX-X sec., eretto in onore di Geminiano, “santo campione dei Cristiani”, morto combattendo contro i Saraceni; il Prandi ad una sorta di “heroon” cristiano, a giudicare da alcune sepolture, peraltro non datate, che rinvenne al suo interno).
Nella struttura portante del monumento sono riutilizzate, infatti, alcune colonne e due architravi a fregio dorico, con triglifi e metope, di età repubblicana. Inoltre, un ulteriore elemento architettonico, recante incisa un’iscrizione latina (riconosciuta alcuni anni fa dal Prof. Cosimo Pagliara), è stato riutilizzato come architrave di una porta secondaria della prospiciente chiesa di S. Giovanni (VIII-X sec., ma forse di origine più antica). Mi piace ancora qui ricordare che un altro esempio di reimpiego di questi fregi dorici, derivanti da monumenti sepolcrali di età romana, è riconoscibile nella chiesetta di S. Pietro a Giuliano.
Infine, le tracce di affreschi che attualmente si notano all’interno delle Centopietre, testimoniano il suo ultimo riutilizzo, come luogo di culto cristiano, alla fine del XIV sec.

Un saggio del Prof. Pagliara sulle Fonti Epigrafiche per la Storia di “Veretum”, Annali Scuola Normale Pisa, 1976 – Archivio Carluccio.

Uno dei due accessi alle Centopietre.

All’interno delle Centopietre sono riconoscibili vari elementi architettonici di epoca romana, riutilizzati.

L’Ing. Gianni Carluccio indica uno dei due architravi a fregio dorico con sottostante colonna.

Uno degli architravi a fregio dorico.

La Chiesa di San Giovanni vista dall’interno delle Centopietre.

L’interno della Chiesa di San Giovanni. Sulla porta laterale esiste un architrave con un’iscrizione latina riconosciuta dal Prof. Pagliara. Inoltre esiste nella stessa chiesa un cippo romano, che riportiamo qui sotto. Foto copyright Ing. Gianni Carluccio, 18.X.1984.

L’ingresso secondario della Chiesa di san Giovanni con soprastante architrave di epoca romana.

Libia, monumento funerario romano simile a quello che esisteva ai piedi della collina di “Veretum”, nei pressi dell’attuale “Centopietre”.
Così probabilmente si presentava in origine il monumento funerario situato nei pressi della città romana di Veretum. Nella foto sono riconoscibili vari elementi architettonici simili a quelli riutilizzati nel costruire la Chiesa di San Giovanni e le Centopietre (architravi, uno dei quali con iscrizione latina, colonne e cippo funerario con un’altra iscrizione latina).
* Ringrazio per questa immagine, ripresa in Libia, il Prof. Paul Arthur dell’Università del Salento, nonché Direttore della Scuola di Specializzazione in Archeologia della stessa Università.

TORRE DELL’ORSO

La baia di Torre dell’Orso vista da Nord.

Il volo delle taccole che numerosissime rallegrano i dintorni di Torre dell’Orso.

La Grotta di San Cristoforo vista dal versante nord della baia con il teleobiettivo. San Cristoforo, oltre ad essere protettore degli automobilisti, è un santo che ha “giurisdizione” sulle piante.

La baia di Torre dell’Orso con in primo piano l’insediamento rupestre. Al di là dell’arenile, in fondo sulla sinistra, al centro della falesia, si intravede la Grotta di San Cristoforo. Ricordo che il Prof. Pagliara mi aveva chiesto di avviare un rilievo di questo insediamento rupestre, cosa che feci, ma solo parzialmente (1983).

Torre dell’Orso. Il toponimo, come mi faceva notare il Prof. Pagliara, deriva dalla presenza in antico della Foca Monaca (Orsa).

La falesia poco a nord di Torre Sant’Andrea.

Grotta di San Cristoforo

La Grotta di San Cristoforo a Torre dell’Orso (si noti sulla sinistra la scala di accesso alla stessa).

Il depliant della Mostra “Humilis Italia”, tenuta a Torre dell’Orso nei mesi di Luglio-Agosto 1983.

Nella retro-copertina del depliant si notano le aree dello scavo, appena concluso, nei pressi della Grotta Porcinara. Ricordo che a questo scavo partecipò anche mia moglie, Dott.ssa Ida Blattmann, che allora frequentava la Scuola di Specializzazione in Archeologia Medioevale dell’Università di Lecce.

La voce “Torre dell’Orso” pubblicata dal Prof. Cosimo Pagliara nell’ambito dei volumi della Scuola Francese di Roma (MEFRA, 1984, Vol. 96, n. 1).

La Grotta di San Cristoforo. All’esterno della grotta sulla parete vi sono numerose tabelle, alcune con grandi croci inscritte.

L’accesso alla Grotta di San Cristoforo.

La suggestiva vista dall’interno della grotta verso la spiaggia ed il mare.

Al centro della baia di Torre dell’Orso sfocia il corso d’acqua “Brunese”.

La parete sinistra della grotta con numerosissime incisioni e graffiti.

Particolare della parete sinistra, con innumerevoli tracce di graffiti ed una delle tante grandi croci incise in epoca medievale, più in basso una tabella con un’importante iscrizione latina.

Appena al disotto della croce precedente si trova questa tabella iscritta con dedica “al dio invincibile”, II sec. d.C. (Pagliara, Humilis Italia, 1983).

Ancora più sotto, rispetto alla precedente tabella, si trova questa interessante iscrizione latina del III sec. d.C. con a fianco la ricostruzione della stessa: “Felicior Hispanus chiede al dio di poter in tutta sicurezza e senza timore mantenere la rotta nell’attraversare la bocca dello stretto”. Foto copyright Ing. Gianni Carluccio, ricostruzione del Prof. Cosimo Pagliara in “Humilis Italia”, 1983).

La parete frontale della grotta da dove sono state asportate alcune tabelle con iscrizioni latine e medioevali.

Una grande ancora graffita sulla parete centrale, in basso.

La parete destra della grotta. Sulla destra un’iscrizione in lingua greca e sulla sinistra un bel graffito di un’imbarcazione medioevale.

Un’interessante iscrizione in greco presente sulla parete destra della grotta.

Una nave da carico medioevale, graffita in basso a sinistra, con intenzione votiva, da un nauclero dell’XI sec. d.C. (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Un articolo del Prof. Pagliara dal titolo “EYPLOIA SOI” (“Buona navigazione a te”, pubblicato nell’ambito di un Volume celebrativo per i 70 anni del Prof. Giuseppe Nenci. Congedo Editore, Galatina 1994), chiarisce gli strani segni di escavazioni che si vedono all’interno della grotta. Questi scavi furono operati nel marzo del 1877 dal “muratore” leccese Santo Perrone, per conto del giudice Luigi De Simone, cultore di antichità salentine, che le fece portare nel suo personale museo ad Arnesano (Villa suburbana S. Antonio). Questa collezione archeologica confluì, dopo la morte del De Simone (1902), nel Museo Provinciale di Lecce, dove le lapidi sono inventariate con i nn. 52, 55 e 57. Il mio caro amico Prof. Mimmo Pagliara non era solito fare molte dediche; invece il 3 Agosto del 2007, quando stavo organizzando la sua presentazione per il Premio “Monolite d’Argento” a Giuggianello, mi fece dono inaspettato di questa preziosa pubblicazione con una dedica affettuosa che mi fa commuovere ogni volta che la leggo! Grazie, caro Mimmo, per quest’ultimo regalo che hai voluto farmi.

Sulla parete centrale della grotta, in alto, figura il nome del muratore Santo Perrone inciso nella roccia nel marzo del 1877, dopo aver asportato, per conto del giudice De Simone, una delle tre iscrizioni più vistose presenti nella grotta. Al di sopra del suo nome, gli “ultimi” visitatori tedeschi (che avevano impiantato la loro tenda all’interno della grotta !!!) hanno lasciato (per fortuna a matita) il segno del loro passaggio: “Die letzten trapper. 27/28 Novembre 2006”.

Le tre lapidi con iscrizioni provenienti dalla Grotta di San Cristoforo a Torre dell’Orso (Coll. De Simone, 1877), oggi conservate presso il Museo Castromediano di Lecce.

Una delle iscrizioni medioevali provenienti dalla Grotta di San Cristoforo (Coll. De Simone, 1877) inventariata con il n. 52 presso il Museo Castromediano di Lecce. Nella didascalia del Museo (erroneamente viene indicata la provenienza Roca) si legge: “Signore Gesù Cristo, Dio mio, che hai accolto benignamente il gemito del pubblicano e di me peccatore Basilio, con la potenza della tua onorabile croce, proteggi, custodisci e difendi il tuo servo”, XII sec.

La stessa iscrizione medioevale in una vecchia immagine fatta a luce radente (Pagliara, Humilis Italia, 1983).

Una delle iscrizioni medioevali proveniente dalla Grotta di San Cristoforo (Coll. De Simone, 1877) inventariata con il n. 55 presso il Museo Castromediano di Lecce. La didascalia (con scritto provenienza incerta, ma invece è certa…) recita: “La traduzione non è stata realizzata perché la scrittura correva di continuo su ambedue i lati della croce. Mancando la parte sinistra diventa incomprensibile quella destra. La lapide recava probabilmente una croce di metallo“, XII sec.

Una delle iscrizioni in lingua greca provenienti dalla Grotta di San Cristoforo (Coll. De Simone, 1877) inventariata con il n. 57 presso il Museo Castromediano di Lecce (II sec. d.C.).

La stessa iscrizione in una vecchia immagine fatta a luce radente e sotto il calco della stessa (Pagliara, Eyploia soi, 1994)

La trascrizione del Prof. Cosimo Pagliara (EYPLOIA SOI, 1994).
Nella struttura del testo si distinguono tre parti: quella iniziale è la dedica alla divinità da parte di un liberto, che accomuna nell’atto rituale i suoi patroni; la seconda parte, legata alla prima, si completa con l’atto (o cerimonia) del ricordo; la terza presenta un formulario di augurio di buona navigazione. Nel II sec. d.C., in età imperiale, Publio Anicio Niceforo, “compiuti gli atti rituali, chiede al dio della grotta che protegga i suoi patroni, ma soprattutto conceda una buona, fortunata navigazione alla nave lungo tutta la rotta, e, in particolare (mi piace pensare) nell’immediato tratto che l’attendeva, quello della traversata del canale d’Otranto, considerato a ragione ancora oggi uno dei più pericolosi del Mediterraneo per gli improvvisi cambi di condizioni atmosferiche” (Pagliara, Eyploia soi).

Il saggio del Prof. Cosimo Pagliara “Santuari costieri”, ATTI TARANTO 1990.

Torre dell’Orso, l’insediamento rupestre posto sul versante Nord della baia.

Torre dell’Orso, una delle iscrizioni latine ai piedi della falesia del versante nord della baia di Torre dell’Orso. Questa iscrizione è eseguita nell’ambito di una tabella incavata su uno spuntone di roccia in crollo, oggi affondato nella sabbia dell’arenile. Il testo iscritto fu letto dal Prof. Cosimo Pagliara e pubblicato nell’ambito del saggio “Santuari Costieri” (ATTI TARANTO, 1990, tav. XXVI, 2). L’iscrizione fu graffita da un membro dell’equipaggio della liburna “Hamon” e recita: “Hic mansit dies duo”, ricordando così la sosta di due giorni in quel luogo. In altre iscrizioni il Prof. Pagliara ha riconosciuto la dedica a Giove (Iuppiter Optimus Maximus, come nella Grotta Porcinara a Leuca).L’art. del Prof. André Jacob sulle iscrizioni bizantine della Grotta di S. Cristoforo (2014).
* Ringrazio per la consueta e squisita gentilezza l’amico Prof. Paul Arthur che mi ha fornito il magistrale saggio del caro amico Prof. A. Jacob.

GIUGGIANELLO
Premio Monolite d’Argento

Il 18 Agosto 2007, a Giuggianello (Lecce) il Prof. Cosimo Pagliara riceve il prestigioso Premio “Monolite d’Argento”, istituito dal Centro di Cultura presieduto dal Prof. Vincenzo Ruggeri. Tra i premiati anche il Prof. Francesco D’Andria ed il Prof. Angelo Varola dell’Università del Salento, presentati al pubblico dall’Ing. Gianni Carluccio ed il giornalista della RAI Antonio Caprarica.

Il pubblico presente a Giuggianello in occasione del Monolite d’Argento 2007. Il Prof. Pagliara è in seconda fila, sulla destra, assieme alla moglie Prof.ssa Lina.

In primo piano il Dott. Antonio Caprarica con la moglie mostra il premio appena ricevuto, alle spalle il Prof. Cosimo Pagliara, in attesa di essere chiamato sul palco.

Dopo essere stato chiamato sul palco per i saluti il Prof. Pagliara, rientra al posto, accompagnato dall’Ing. Gianni Carluccio, che ne curerà una bella presentazione, composta da 207 immagini.

Ricordo con soddisfazione che il Prof. Pagliara, che era seduto al mio fianco e avrebbe dovuto commentare le immagini che avevo prodotto, volle che fossi io stesso a farlo, cosa che feci con grande piacere, non senza un certo imbarazzo…

L’immagine finale di quella presentazione, che rimarrà per me un ricordo indimenticabile, venne utilizzata da La Gazzetta del Mezzogiorno del 14.8.2015 nel dare la notizia della scomparsa del Prof. Pagliara.

Il Sindaco di Giuggianello, Dott. Ugo Gigante premia il Prof. Cosimo Pagliara con il Monolite d’Argento.

Giuggianello, il Masso della Vecchia del quale si fa cenno in un’opera del corpus aristotelico, segnalatami dal Prof. Cosimo Pagliara. Foto copyright Ing. Gianni Carluccio.
Riporto qui di seguito quanto da me scritto nell’ambito del volume Salento Meraviglioso (Ed. del Grifo, 2003): “Dicono che presso il Capo Iapigio vi sia un luogo in cui, così si favoleggia, si svolse la battaglia di Eracle contro i Giganti; da questo luogo si dice scorra un enorme flusso di icore [sangue putrefatto], tale da rendere impossibile, per il gran fetore, la navigazione nel tratto di mare prospiciente il luogo. Dicono anche che in diversi luoghi dell’Italia vi siano numerose memorie di Eracle sulle strade da lui percorse. Ma presso Pandosia in Iapigia si mostrano le impronte dei piedi del dio, sulle quali a nessuno è lecito camminare”; ancora: “Presso il Capo Iapigio vi è anche una pietra enorme, che dicono venne da lui [Eracle] sollevata e spostata, addirittura con un solo dito”.
Questo testo pervenutoci nel Corpus aristotelico (De Mirabilibus Auscultationibus – “Racconti meravigliosi” – che riportiamo nella traduzione del Lombardo) è importante in relazione all’identificazione dei luoghi fatta da vari studiosi a cominciare dal Galateo (1558) che fa riferimento per il gran fetore proprio alle acque sulfuree di S. Cesarea Terme.
Si prosegue poi con il De Simone (1867) che, su segnalazione del Maggiulli, identifica la “pietra enorme che venne spostata con un solo dito” con il “fuso della Vecchia” (singolare attrattiva per storici e naturalisti, rappresentata dalla zona del cosiddetto “Masso della Vecchia”, nel territorio del Comune di Giuggianello, dove la conformazione naturale di alcuni massi di calcare è all’origine del passo aristotelico) e continua più recentemente con il prof. Cosimo Pagliara che, nel corso di un sopralluogo effettuato in mia compagnia, ha riconosciuto in un masso a forma di piede, nei pressi del “fuso della Vecchia”, una delle impronte dei piedi del dio e poi ancora con Nicola De Paulis che in un articolo su “Scienza & Vita” (1988), ha voluto vedere un’altra impronta del piede di Ercole sulla sommità del cosiddetto “letto della Vecchia”.
Il prof. Pagliara mi faceva notare, inoltre, che Pandosia, non potendo essere identificata con la vicina città messapica di Vaste, di cui si conosce il nome antico (“Basta”), era da identificare probabilmente con l’altra città messapica situata nelle immediate vicinanze e cioè Muro Leccese.

Il cosiddetto “Piede di Ercole”. Ricordo che, nel corso di un sopralluogo effettuato in mia compagnia e con i Proff. Giuliano Cremonesi e Francesco D’Andria (primavera 1983), il Prof. Cosimo Pagliara ha riconosciuto in questo masso a forma di piede, che si trova a pochi passi di distanza dal “Masso della Vecchia”, una delle impronte dei piedi di Ercole. Foto copyright Ing. Gianni Carluccio

ROCA VECCHIA

Non è facile condensare in poche righe quella splendida realtà rappresentata dall’area archeologica di Roca sulla quale è stato scritto tanto. Lascio allora il campo agli specialisti con una magistrale sintesi ad opera dei Proff. Cosimo Pagliara, Riccardo Guglielmino e Teodoro Scarano, pubblicata sullo splendido e consigliabile volume “Ambra per Agamennone”, pubblicato da ADDA Editore in occasione dell’omonima Mostra allestita a Bari nel 2010.

Il Prof. Cosimo Pagliara si concede un momento di riflessione durante gli scavi a Roca nel 2004.

Il Catalogo della Mostra “Ambra per Agamennone”, ADDA Editore, Bari 2010.

Il Prof. Riccardo Guglielmino durante la sua Relazione al Convegno di Acaya, 6.7.2015 (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Roca, dischi solari in oro di epoca micenea (foto da me rielaborata, tratta dal Catalogo della Mostra “Ambra per Agamennone”, Adda Editore, Bari 2010, copyright).

Il Dott. Teodoro Scarano davanti ad un Dolio cordonato del Bronzo Finale 2 (Laboratorio Archeologia Dipartimento Scienze dell’Antichità – Università di Lecce 8.6.2007 (foto Ing. Gianni Carluccio, copyright).

Roca Vecchia e la torre costiera in una vecchia cartolina (Coll. Ing. Gianni Carluccio, copyright).

Roca, vedute aeree dell’area archeologica (foto Università del Salento).

Le Mura Messapiche (da G. Carluccio – F. D’Andria, “Le fortificazioni messapiche della Provincia di Lecce”, Galatina 1990).

Roca, veduta aerea I.G.M.I. 1954 (Università del Salento, Archivio Carluccio).

Roca, la pianta dell’area archeologica elaborata dal Prof. Cosimo Pagliara ell’ambito del suo saggio “La Grotta Poesia di Roca (Melendugno – Lecce)” pubblicato negli Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Pisa 1987(tav. XXI).

La Porta Nord si apre nelle Mura Messapiche. Qui arrivava l’antica strada che proveniva da Lecce.

La viabilità messapica nel comprensorio di Lecce, da Gianni Carluccio, “La viabilità messapica tra Lecce e Rocavecchia”, in Diogene, Ottobre 1997, pp. 10-14, copyright.

Le Mura Messapiche nel versante Ovest della città di Roca. Qui arrivava l’antica strada che proveniva da Soleto (foto Pierluigi Bolognini).

Ruderi del castello medioevale e, al centro, gli ultimi brandelli delle Mura Messapiche.

Il castello medievale di Roca, prima degli ultimi crolli in un’immagine degli anni ’30.

Due altre immagini dei resti del Castello, appartenenti alla mia collezione (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Il villaggio medioevale di Roca fu edificato intorno al 1350 da Gualtiero VI di Brienne; nel 1480-81 fu attaccato dai Turchi e successivamente divenne un covo di pirati per cui nel 1544 venne volutamente fatto radere al suolo da Ferrante Loffredo e qualche anno dopo, nel 1585, fu edificato, a pochi chilometri di distanza, un complesso fortificato, oggi noto come Roca Nuova. All’interno della Torre, nel piccolo vano che ospitava il carcere, vi sono numerosi graffiti ed anche un bel dipinto. Foto copyright Ing. Gianni Carluccio.

La torre costiera cinquecentesca di Roca.

Un antico ipogeo.

L’insenatura con il porticciolo di Roca.

In primo piano una tomba messapica.

In primo piano una tomba messapica.

Il villaggio rupestre.

Alba in Albania… (foto copyright Elena Carluccio).

Roca, i Monti dell’Albania all’alba. Foto copyright Padre Antonio Febbraro.

Roca, Mura Messapiche e Monti dell’Albania innevati.

I Monti Acrocerauni dell’Albania innevati visti da Roca (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

La strada che conduce alla porta monumentale dell’Età del Bronzo.

L’abitato medioevale con i silos si sovrappone a quello più antico messapico.

Veduta del paramento interno delle fortificazioni dell’Età del Bronzo Medio e particolare.

Una delle postierle che si aprivano nella fortificazione dell’Età del Bronzo Medio.

Roca, Il fossato. Al centro, in alto, la Porta monumentale (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Il Prof. Cosimo Pagliara durante la visita guidata (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Per queste cinque belle immagini dello scavo dal 1999 al 2004 (utilizzate nell’ambito della mia presentazione del Prof. Pagliara a Giuggianello, in occasione del premio Monolite d’Argento) ringrazio la Dott.ssa Cinzia Mazzotta.

Si festeggia il compleanno del Prof. Cosimo Pagliara, 24 Settembre 2002.

Scavi a Roca, 2002. Da sin.: il Prof. Riccardo Guglielmino ed il Prof. Cosimo Pagliara, che fotografa lo scavo.

Scavi a Roca, 2002. A fianco al Prof. Pagliara, la Dott.ssa Oronzina Malecore, dell’Istituto di Culture Mediterranee e curatrice assieme al Dott. Luigi Coluccia della Mostra “Roca nel Mediterraneo”.

Giornate di Primavera del F.A.I., 21-22 Marzo 2004. Visita all’Area Archeologica.

Arianna Carluccio in visita agli scavi di Roca con compagni e compagne di classe della S.M.S. “Quinto Ennio” di Lecce, in preparazione alle Giornate di Primavera del F.A.I., foto copyright Ing. Gianni Carluccio 15.2.2004.

Una gradita sorpresa all’inizio della passeggiata: il caro amico Prof. Gino Santoro assiste ad un’esibizione di tamburellisti con una bella Pizzica. Grande amico del Prof. Pagliara, il Prof. Santoro è deceduto due mesi prima del suo amico. Ciao Gino !

Mura Messapiche e resti del castello medioevale, ormai in rovina.

La pioggia mette in evidenza i resti dell’antica viabilità messapica, nei pressi della Porta Nord di Roca.

Resti del castello medioevale.

Un ipogeo che porta al livello del mare.

Guardando verso la Torre di Roca.

Una panoramica sull’Area Archeologica di Roca.

Un antico pozzo e sullo sfondo la Chiesa e la storica Villa dei Baroni D’Amelj.

Una delle postierle che si aprivano nella fortificazione dell’Età del Bronzo.

Il Prof. Riccardo Guglielmino e il Dott. Teodoro Scarano a colloquio con il Soprintendente Archeologico della Puglia, Dott. Luigi La Rocca.

L’arrivo del Prof. Emanuele Greco.

Il Dott. Teodoro Scarano, nei pressi della Porta monumentale, durante la visita guidata.

I Dott.ri Giovanna Maggiulli e Luigi Coluccia, durante la visita guidata.

I convegnisti durante la visita guidata al Parco Archeologico di Roca.

La strada che conduce alla Porta monumentale.

L’abitato medioevale.

Foto-ricordo con i Soprintendenti; da sin.: Dott. Caterina Ragusa, Dott. Gregorio Angelini, Arch. Francesco Canestrini, Arch. Antonio Bramato, Ing. Gianni Carluccio.

Il porticciolo di Roca.

Il Convegno “Roca nel Mediterraneo. L’età delle prime navigazioni commerciali”. Castello di Acaya, 6 Luglio 2013.

Il Castello di Acaya, foto copyright Ing. Gianni Carluccio.

Il Castello di Acaya in una vecchia immagine (Coll. Ing. Gianni Carluccio, copyright).

Il tavolo con le autorità all’inizio del Convegno. Da sin.: i Soprintendenti Gregorio Angelini e Luigi La Rocca, i Sindaci di Vernole e Melendugno (Ingg. Luca De Carlo e Marco Potì), il Prof. Mario Lombardo ed il Dott. Luigi De Luca (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Il Dott. Luigi De Luca con il Soprintendente Francesco Canestrini.

Il Dott. Luigi De Luca con il Prof. Carmine Ampolo, della Scuola Normale Superiore di Pisa.

L’arrivo del Prof. Cosimo Pagliara accompagnato dalla Dott.ssa Oronzina Malecore.

Tra i presenti (in alto a dx) il Prof. Donato Coppola (Direttore degli Scavi nella Grotta di Santa Maria d’Agnano a Ostuni e del Museo di Civiltà Preclassiche della Murgia Meridionale) e la Dott.ssa Francesca Radina. In primo piano, sulla destra, la Prof.ssa Ida Blattmann D’Amelj.

Il Prof. Donato Coppola (al centro) tra l’Ing. Gianni Carluccio ed il Prof. Maurizio Nocera, in visita alla Grotta di Santa Maria d’Agnano (Ostuni).

Ostuni, Santa Maria d’Agnano. In questa grotta il Prof. Donato Coppola ritrovò nel 1991 lo scheletro preistorico di una donna risalente a 28.000 anni fa circa (nota come “Ostuni 1” o “l’antica madre di Ostuni”), morta a vent’anni di parto, con in grembo un feto di otto mesi (foto copyright Ing. Gianni Carluccio, cortesia Prof. Donato Coppola).

Ostuni Museo di Civiltà Preclassiche, 18.7.2015. L’Ing. Gianni Carluccio con il Prof. Donato Coppola, a fianco allo scheletro originale dell’antica madre di Ostuni e del suo feto. Foto copyright Archivio Carluccio, per gentile concessione del Prof. Donato Coppola, Direttore del prestigioso Museo.

L’atteso momento della Conferenza del Prof. Cosimo Pagliara nell’ambito del Convegno “Roca nel Mediterraneo, l’età delle prime navigazioni commerciali”, tenutosi presso il Castello di Acaya il 6 Luglio 2013. Sulla sinistra uno dei suoi allievi prediletti, Dott. Luigi Coluccia, curatore per conto dell’Università del Salento dell’affascinante Mostra “Roca nel Mediterraneo”, inaugurata presso lo stesso Castello di Acaya il 26.1.2013 e tuttora visitabile.

Il Prof. Cosimo Pagliara inizia la sua Relazione.

Il Prof. Pagliara durante la sua Relazione. Al tavolo la moderatrice, Prof.ssa Angela Pontrandolfo e il Dott. Luigi Coluccia; sulla sinistra l’amico Michele Bonfrate, curatore editoriale del Catalogo della Mostra.

Il Prof. Cosimo Pagliara durante la sua Relazione.

Il Prof. Riccardo Guglielmino durante la sua Relazione.

Durante le Relazioni successive a quelle del prof. Pagliara, sono seduto alle sue spalle e riesco a fare qualche interessante foto-ricordo…

La Relazione della Dott.ssa Giovanna Maggiulli.

La Relazione del Dott. Luigi Coluccia.

La Relazione del Dott. Salvatore Bianco.

Foto-ricordo al termine del Convegno con il Soprintendente, Arch. Francesco Canestrini. Da sin.: Dott.sse Laura Masiello e Caterina Ragusa, Architetti Francesco Canestrini, Antonio Bramato e Patrizia Erroi e la Dott.ssa Ida Blattmann D’Amelj.

Qualche anno prima, sempre ad Acaia…

Acaia 12 Maggio 2009. Il Prof. Cosimo Pagliara guarda l’orario perché abbiamo appena sentito (e registrato con il mio telefonino, purtroppo allora di scarsa qualità…) il canto di un assiolo, nel corso di una passeggiata dopo-cena nei pressi del Castello. Ricordo che quella sera ci fermammo presso il Ristorante Nonno Pici ad Acaia, in quanto era stata rinviata la Conferenza “Una passeggiata lungo la baia di Torre dell’Orso – Segni delle testimonianze antiche e tardo ellenistiche”, che Mimmo doveva tenere per conto dell’Associazione “Leoni di Messapia” (mancava il videoproiettore!). Il Prof. era molto contrariato per questo imprevisto, ma io riuscii comunque a distrarlo ed a farlo sorridere, per cui decidemmo di trascorrere la serata a cena, e che cena! Come ricorderanno Lorenzo Capone, Maurizio Nocera, Francesco Pasca e Salvatore Sciurti, che erano assieme a me al tavolo con il Prof., Mimmo ci raccontò un sacco di “cose archeologiche” molto interessanti, parlandoci, tra l’altro, anche di alcuni importanti graffiti scoperti in una baia dell’Albania, di fronte alla nostra costa e dell’origine del nome Poesia, dal greco “Posia”, che indica la bevuta.

GROTTA DELLA POESIA

Roca (Melendugno, Lecce), Grotta della Poesia, interno (foto copyright Ing. Gianni Carluccio, cortesia Prof. Riccardo Guglielmino).

Sub in azione all’interno della Grotta della Poesia.

Grotta della Poesia, planimetria generale (da Pagliara, modificata, copyright Ing. Gianni Carluccio).

Grotta della Poesia piccola, sezione (da Pagliara, modificata, copyright Ing. Gianni Carluccio.

Un volo di taccole all’ingresso della grotta.

Un suggestivo volo di taccole, poesia nella poesia… (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Roca, 6 Luglio 2013. I partecipanti al Convegno “Roca nel Mediterraneo” si avviano, sotto la guida del Prof. Riccardo Guglielmino verso la Grotta della Poesia.

* Per le immagini che seguono, fatte all’interno della Grotta della Poesia, ringrazio l’amico Prof. Riccardo Guglielmino che mi ha permesso i preziosi scatti. Tutte le foto sono coperte da copyright.

Il Prof. Riccardo Guglielmino seguito dal Prof. Emanuele Greco percorrono la scala, alta 7 metri, che porta all’interno della grotta, poco al di sopra del livello del mare.

Un’antica scalinata sulla sommità della grotta. Secondo il Prof. Pagliara portava ad un piccolo insediamento rupestre e forse quando fu scavata provocò il crollo della volta della Grotta della Poesia, che in origine era accessibile solo dal mare.

L’accesso dal mare.

La parete nord della grotta.

I convegnisti in visita nella Grotta della Poesia.

Il Prof. Riccardo Guglielmino durante la visita guidata all’interno della Grotta della Poesia a Roca indica un graffito a forma di stella, riferibile all’Età del Bronzo (foto copyright Ing. Gianni Carluccio, 6.7.2013).

Ed ora una serie di immagini con iscrizioni in messapico e latino.

Qui si legge molto bene TUTOR, il nome della divinità venerata nella grotta e sul rigo al di sotto EGO VOTUM…

L’incredibile sovrapposizione dei segni

* Ricordo che alla metà degli anni ’80 l’amico Mimmo mi invitò ad andare con lui presso l’Hotel Tiziano di Lecce, dove c’era una dimostrazione del programma Photoshop, utile per scindere i vari scritti, eludendo le sovrapposizioni.

Ingrandendo questa e le prossime immagini si riconoscono delle interessanti iscrizioni in lingua latina, facilmente riconoscibili.

Il Dott. Luigi Coluccia ci indica una imponente iscrizione in lingua latina.

Il Prof. Riccardo Guglielmino posa per una foto-ricordo.

L’Ing. Gianni Carluccio posa per una foto-ricordo.

Questa significativa immagine è stata presentata dal Prof. Cosimo Pagliara, durante la sua Relazione al Convegno di Acaya.

I Convegnisti si soffermano presso la parete occidentale della grotta.

Proprio su questa parete mi accorgo di un interessante graffito!

Si tratta di un’imbarcazione, graffita piuttosto bene sulla parete (in basso a dx nell’immagine), con sovrastante iscrizione in lingua messapica del tipo “Ascolta Zeus”…

La torre costiera di Roca.

La Grotta della Poesia nel vano in diretta comunicazione con il mare.

Acqua trasparentissima in questa splendida piscina naturale.

L’insenatura con il piccolo porticciolo, sul quale insiste un insediamento rupestre.

Il Prof. Cosimo Pagliara, all’interno del suo laboratorio presso l’Università del Salento, indica alcune iscrizioni presenti sulle pareti della Grotta della Poesia, riprodotte su di un calco e quindi rese più visibili (foto copyright Ing. Gianni Carluccio, 8 Giugno 2007). Debbo le preziose otto foto che seguono, da me scattate ed elaborate graficamente, alla cortesia dell’amico Prof. Cosimo Pagliara.

Roca, Grotta Poesia, calco 1 (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Roca, Grotta Poesia, particolare 1 del calco 1 (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Roca, Grotta Poesia, particolare 2 del calco 1 (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Roca, Grotta Poesia, particolare 3 del calco 1 (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Roca, Grotta Poesia, calco 2 (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Roca, Grotta Poesia, particolare del calco 2 (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Roca, Grotta della Poesia, calco 3 (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Roca, Grotta Poesia, particolare del calco 3 (foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Immagine originale presentata dal Prof. Pagliara durante la sua Relazione al Convegno di Acaya.

Roca, Grotta Poesia, calco 4 presente nell’ambito della Mostra “Roca nel Mediterraneo”, foto copyright Ing. Gianni Carluccio.

Ed ora quattro foto dell’amico Prof. Pierluigi Bolognini, pubblicate nell’ambito di un mio saggio dal titolo “Archeologia e Ambiente” nel Volume “Salento Meraviglioso”, Edizioni del Grifo, Lecce 2003.
* La prima delle foto di Pierluigi Bolognini fu scelta come copertina del Volume degli Atti del Convegno Internazionale di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1990.

Il Prof. Cosimo Pagliara in prima fila e sulla destra l’Arch. Riccardo Carrozzini, che fu partecipe della scoperta del santuario messapico nella Grotta della Poesia a Roca il 18 Agosto 1993 (Conv. Acaya, 6.7.2015, foto copyright Ing. Gianni Carluccio).

Ed ecco il racconto della scoperta che il Prof. Cosimo Pagliara pubblica, nell’ambito del suo saggio dal titolo: “La Grotta Poesia di Roca (Melendugno – Lecce)”, negli Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa, Pisa 1987.

Roca, Grotta Poesia, testi messapici pubblicati dal Prof. Carlo de Simone nell’ambito del suo saggio “Iscrizioni Messapiche della Grotta della Poesia (Melendugno, Lecce)”, Annali Scuola Normale Superiore di Pisa, Pisa 1988.

Il Prof. Riccardo Guglielmino intervistato al TG2 della sera di domenica 4.X.2015, nell’abito di un servizio su Roca e sulla Grotta della Poesia. Qui sotto la Dott.ssa Cinzia Mazzotta durante l’intervista (Archivio Ing. Gianni Carluccio).

LE MOSTRE

Il manifesto della Mostra Documentaria, curata dal Prof. Cosimo Pagliara, voluta dalla Provincia di Lecce dall’Università salentina. Lecce, Palazzo Adorno 1999 – Archivio Carluccio.

Un disegno ricostruttivo del logo della Mostra (dal depliant della Mostra Roca nel Mediterraneo).

Roca, otto immagini tratte dalla Mostra presso il MUSA (Museo Storico Archeologico dell’Università del Salento curato dalla Dott.ssa Grazia Maria Signore, che ringrazio).

Il depliant della Mostra AMBRA PER AGAMENNONE, Bari 28.5 – 16.10.2010 – Archivio Carluccio.

Il logo della Mostra. Sigillo di tipo miceneo in corniola raffigurante un felino che attacca un erbivoro, provenienza sconosciuta, prob. dalla Puglia (TE IIIA-B, 1430 / 1400 – 1200 a.C.).

Sigillo di tipo miceneo in steatite, raffigurante un quadrupede da Roca (Bronzo Recente, 1300-1100 a.C.).

Il pannello della Mostra riguardante Roca.

Aspetti del culto.

La guerra.

Vaso in ceramica figulina, tornita e dipinta, per bere (skyphos) (Bronzo Recente, TE IIIB2-IIIC, 1250-1070 a.C.).

La scheda del catalogo relativa a questo bellissimo pezzo, firmata dal Dott. Luigi Coluccia.

Vaso in ceramica figulina, tornita e dipinta, per conservare e mescere liquidi (anfora) (Bronzo Recente TE IIIC, 1200-1070 a.C.).

Piccola scultura (in avorio di ippopotamo) raffigurante un’anatra, da Roca (Bronzo Medio, 1450-1300 a.C.).

Coltello a lingua da presa in bronzo, munito di immanicatura realizzata con due placchette in materia dura animale, fermate da ribattini in bronzo, da Roca (Bronzo Recente, 1250-1100 a.C.).

Grande vaso in ceramica figulina, dipinto in stile protogeometrico da Roca. Presenta fori di riparazione per restauro eseguito in antico, produzione locale (Bronzo Finale, 1100-1050 a.C.).

Vassoio in ceramica su tre piedi decorato con motivo a croce, probabile “tavola per offerte” votive, dalla cosiddetta “capanna-tempio” di Roca (Bronzo Finale, 1100-1050 a.C.).

Matrice di fusione in calcarenite per ottenere una cuspide di lancia con innesto a cannone, da Roca (Bronzo Finale, 1100-1050 a.C.).

Spillone con testa a spirale in bronzo, da un ripostiglio nell’abitato del Bronzo Finale di Roca (1100-1050 a.C.).

Dischi solari in lamina d’oro da Roca.

Una vetrina della Mostra con gli ori di Roca.

Lo sguardo allucinato dell’Ing. Gianni Carluccio davanti a questi straordinari manufatti…

Il manifesto della Mostra “ROCA NEL MEDITERRANEO”, Castello di Acaya dal 26.1.2013 (tuttora visitabile) – Archivio Carluccio.

Dal depliant della Mostra ROCA NEL MEDITERRANEO. Archivio Carluccio.

L’Archeologo Dott. Luigi Coluccia, uno dei curatori della Mostra, mi accompagna in una personale Visita Guidata alla Mostra (6.7.2015).

L’Ing. Gianni Carluccio mentre osserva una delle vetrine della Mostra con all’interno un grande vaso, dipinto in stile protogeometrico, del bronzo Finale (1100-1050 a.C.).

Un grande dolio cordonato del Bronzo Finale 2.

Ceramica d’impasto dalla Postierla C.

Da sin.: Olla e Orcio in ceramica d’impasto, a dx Olla protogeometrica locale.
Nelle quattro immagini seguenti vasi tardo-geometrici.

Olla-Stamnos.

Boccaletto con interessante motivo figurativo di probabile valenza rituale.

Boccaletto.

Scodella.

Pannello relativo alla Grotta della Poesia.

UNA BREVE RASSEGNA STAMPA

Un articolo del caro amico Federico Cartelli (che ringrazio per avermelo fornito) dal titolo “Il tesoro in fondo al mare”, contiene una sua intervista al Prof. Cosimo Pagliara riguardante l’Archeologia subacquea, riportata qui sotto (La Tribuna del Salento, Luglio 1978 – copyright Archivio Federico Cartelli).

LA REPUBBLICA, 3 Aprile 1987, p. 30 (sez. CULTURA)

NEL SANTUARIO SOMMERSO
OTRANTO

Nel punto più stretto del canale d’ Otranto, subito a nord di Torre dell’ Orso e dirimpetto all’ isola albanese di Saseno, la stupenda costa rocciosa salentina ci sta rivelando qualche suo segreto. Qui, a partire dal quarto secolo a.C., e forse anche dal sesto, esisteva un insediamento costiero su cui molto più tardi, nel 1353, Gualtieri di Brienne costruì un borgo e un castello dal nome Roca (cioè rocca). Oggi, frammenti architettonici di un periodo dal sesto al quarto secolo a.C. convivono con le rovine della Roca di Gualtieri, occupata dai Turchi nel Quattrocento, scomparsa dalla Storia, riscoperta negli anni Trenta del nostro secolo. E ora viene un dato stimolante: dal quarto secolo a oggi il mare nel canale d’ Otranto si è alzato di cinque metri, sicché antichissime sedi di attracco per le navi e di sosta, villaggi e santuari votivi pagani sono o crollati o finiti sott’ acqua. Non si conosce tutto quello che il mare nasconde, ma si sa che nasconde molte cose preziose, che possono stimolare l’ umana immaginazione. Uno pensa: chissà, forse sotto il livello del mare esiste una grotta più grande della grotta sopraelevata di S. Cristoforo a Torre dell’ Orso, dove tra i resti di iscrizioni pagane si trova quella di un navigante del terzo secolo d.C. che chiede al dio protezione per l’ attraversamento del canale d’ Otranto. Ebbene, come è noto, la realtà può aggredire la nostra immaginazione vincendola di molte misure. Ecco che esiste una grotta nell’ area di Roca, a cui pericolosamente si accede da una fessura tra le rocce, procedendo in barca per cunicoli, a schiena curva, nelle sole ore di bassa marea: chiamata stranamente la grotta della Poesia o grotta Poesia. Un giorno, il direttore dell’ Istituto di archeologia classica dell’ Università di Lecce, professor Cosimo Pagliara, tentò con due amici l’ esplorazione del luogo. Penetrato in quella che i tecnici chiamano la fessurazione della roccia, avanzò a bordo di un minuscolo natante lungo un corridoio buio, molto stretto; e d’ un tratto si trovò in una grande cavità. Il fondo della grotta, interamente invaso dalle acque del mare, era in parte coperto da materiale che, nel crollare dalla volta della grotta, aveva prodotto un largo foro da cui penetrava il sole. Era questo l’ inizio di una grande scoperta archeologica, che oggi si può render nota con un certo numero di dati. Cosimo Pagliara intuì subito, guardando le pareti della grotta, di essere di fronte al più importante insieme di iscrizioni antiche del Salento e a qualcosa che doveva essere un famoso santuario. Veniamo all’ oggi. Con la preziosa guida di Pagliara e l’ aiuto di recenti strutture di cantiere, sono potuta scendere dal foro della volta per una profondità di dodici metri nel fondo della grotta. E’ molto vasta, il che produce strani effetti di luce riflessa; ha forma ellittica, con l’ asse maggiore di circa settanta metri e il minore di venti. Davanti agli occhi, sulle altissime pareti, sfilano centinaia di segni, di simboli incisi sulla roccia, di iscrizioni: qualcosa di stupefacente, un poco magico, anche dal puro punto di vista dei segni per l’ occhio, prima di qualsiasi interpretazione dei loro significati. Si è da poco costituito presso l’ Università di Lecce un gruppo di lavoro composto da archeologi, geologi, linguisti, storici, chimici, fisici e biologi degli Atenei di Lecce, Bari, Pisa, Tubingen, e qualcosa già comincia a delinearsi: per merito della scoperta di Pagliara, da circa 450 metri quadrati di superficie iscritta affiorano i primi affascinanti messaggi delle antiche civiltà del Salento. Osservando bene le pareti della grotta per un’ altezza di sei, sette metri dal livello dell’ acqua, là dove non c’ è degrado della roccia e non ci sono croste o sali in affioramento o microflora, si è colpiti dalla chiara presenza di almeno tre strati di incisione. Un primo preistorico, costituito da segni molto profondi in forma di figure geometriche ovali o a semicerchio, di disegni assai stilizzati di animali. Un secondo strato di iscrizioni messapiche in alfabeto greco: gli Japigi-Messapi dalla metà del sesto secolo a.C., occupato il territorio corrispondente alle odierne province di Brindisi, Lecce, Taranto, vi costruirono abitati e adottarono per la loro lingua, a noi in buona parte ancora sconosciuta, un alfabeto di tipo greco. Il terzo strato, che si insinua fra i due o si sovrappone agli altri, contiene iscrizioni databili al secondo e primo secolo a.C. ad opera dei Latini, che giunsero lentamente in questa zona nel corso del terzo secolo a.C. e vi portarono il loro alfabeto. Ma perché tutte queste iscrizioni? La loro decifrazione lo chiarisce: in tutte ricorre il nome del dio messapico Thaotor, a cui i fedeli chiedono aiuto contro i pericoli del mare, protezione dai nemici, liberazione dalla schiavitù e promettono in cambio doni vari, animali, vini preziosi, altre bevande, profumi. Dunque, la grotta era un rinomato santuario dedicato al dio messapico Thaotor, che i Latini nelle loro iscrizioni chiamarono con nome più familiare e significativo: Tutor (protettore). Il fantasma di Thaotor ancora vaga nel suo santuario, tornato alla luce dopo oltre venti secoli; chi scende nella grotta ha l’ impressione di sentirne la presenza. Questa grotta risulta un tesoro anche per i linguisti; forse l’ accostamento di iscrizioni omogenee e affini in lingua messapica e latina permetterà di fare dei passi avanti nella conoscenza della alquanto misteriosa lingua messapica. Ma perché la tradizione conferì a questo santuario sommerso, divenuto grotta marina, il bel nome di grotta della Poesia? E’ ancora l’ archeologo Pagliara a soddisfare la nostra curiosità. Il vocabolo poesia è, nel caso, lectio facilior, cioè una resa in forma comprensibile nelle parlate romanze del termine grico (cioè greco-salentino) Posìa, che significa bevuta d’ acqua dolce; sicché grotta Posìa voleva dire grotta della sorgente, luogo dove si trovava acqua da bere. E difatti pare che ancora oggi si trovi all’ interno della grotta una sorgente d’ acqua dolce della falda superficiale. Del resto, aggiungiamo noi, non c’ è forse una segreta parentela semantica fra la nozione di poesia e quella di sorgente? Non fu lo zoccolo del cavallo Pegaso a percuotere le falde dell’ Elicona e generare così la Fonte delle Muse, cioè la sorgente della poesia? Esiodo insegna al proposito tante cose a coloro che amano la poesia. L’ ispezione alla grotta del dio Thaotor dà da pensare, anche ai non specialisti. In primo luogo si riflette sul fatto che il Salento è, come scrisse Pagliara, la nuova frontiera della archeologia della Puglia, il luogo dove va recuperata la fisionomia della civiltà messapica, così ricca sul piano economico e artistico, ponte fra l’ Italia e le aree balcaniche. In secondo luogo, la grotta della Poesia prova ancora una volta la sconfinata produttività del passato: quando ricompaiono gli oggetti del passato (metti un santuario), il più delle volte ricompare il pensiero che li ha prodotti, quegli oggetti; e col pensiero, il desiderio e la speranza degli uomini. E, perché no? anche il loro dio Thaotor.

Un art. dell’amica Carmen Mancarella, riguardante Roca, pubblicato su La Gazzetta del Mezzogiorno del 6.5.1992 (copyright Archivio Carluccio).

Un articolo di Arturo Carlo Quintavalle, riguardante Roca, comparso sul Corriere della Sera del 18.8.1996 (copyright Archivio Carluccio).

Il programma dell’Associazione “Vivere Lecce” del Marzo 1998 contiene due visite guidate del Prof. Pagliara a Roca e dell’Ing. Carluccio a Otranto e Giuggianello (Masso della Vecchia).

Due articoli di Lecce Sera del 27-28.3.1998 raccontano la Conferenza del Prof. Pagliara su Roca tenuta presso la Biblioteca Provinciale di Lecce (26.3.1998) ed una Visita Guidata dell’Ing. Carluccio a Vaste (22.3.1998), copyright Archivio Carluccio.

Un art. di Lecce Sera del 17-18.11.1998 riguarda il Parco Archeologico di Roca (copyright Archivio Carluccio).

Un ottimo articolo a firma del Dott. Arturo Guastella riguardante la Grotta della Poesia a Roca, del quale pubblichiamo anche alcuni stralci. Quotidiano di Lecce 2.3.2001 (copyright Archivio Carluccio).

Un prezioso articolo “Poesia di un culto antico” del Prof. Cosimo Pagliara pubblicato sul bimestrale della Provincia di Lecce, Gennaio – Febbraio 2002, Archivio Carluccio.

COMMENTI

michele il 15 ottobre 2015 alle 22:26 scrive:
Grazie Gianni per questi bellissimi ricordi del prof.Pagliara!!!

G. Carluccio il 16 ottobre 2015 alle 10:14 scrive:
Grazie caro Michele e complimenti per la preziosa attività che tu e Marcello portate avanti così bene per ITALIA NOSTRA.
Un abbraccio, Gianni